I segreti di Villa Demidoff


Pochi giorni fa, ho visitato un luogo carico di magia e che mi è particolarmente caro: il giardino di Villa Demidoff a Pratolino, appena sopra l’abitato di Firenze. Un parco che riapriva al pubblico a maggio, come ogni anno, per poi richiudere a settembre. Troppo poco tempo per godere di tanta bellezza, al di fuori dei soliti itinerari turistici. Una bellezza che si mischia, però, ad una vago senso di malinconia.

In effetti, l’attuale villa, altro non è che il vecchio edificio della Piaggeria, acquistato nel 1872 dal principe russo Paolo Demidoff che lo restaurò per farne la sua residenza. Della magnifica villa cinquecentesca, in grado di sbalordire viaggiatori celebri e dal gusto molto delicato, come Montaigne o Ludovico di Baviera, con il suo complesso di grotte artificiali e di altre opere fantasiose non rimane altro che la gigantesca ed enigmatica statua dell’Appennino che ci accoglie all’ingresso. La grande figura realizzata dal Giambologna, svetta dietro uno specchio d’acqua, quasi sperduta e piegata dal peso dei suoi anni.

E pare osservarci, quasi a volerci raccontare una storia d’amore che il tempo ha cancellato, come le pietre della grande villa. Una storia d’amore “maledetta”, come “maledetti” furono i due amanti. Già! Non sempre le vicende dei principi finiscono come nelle favole, con “…e vissero felici e contenti.”. Perché di un principe, proprio, stiamo per parlare. E non di un principe qualsiasi, ma di Francesco I (1541-1587), uno dei membri più noti della pur celebre famiglia dei Medici.

Divenuto granduca di Toscana nel 1574, non fu mai amato dal suo popolo che, a quel che si racconta, festeggiò addirittura la notizia della sua morte. Dal carattere introverso e cupo, non divenne mai quell’abilissimo politico che fu suo padre, Cosimo I. Preferì, invece, dedicarsi agli studi alchimistici e scientifici, trascorrendo gran parte del suo tempo fra gli alambicchi ed i fornelli del laboratorio che si era fatto costruire a San Marco. Oppure nello studiolo di Palazzo Vecchio, realizzato da Bernardo Buontalenti, un ambiente preziosamente decorato e nel quale conservava le sue collezioni di oreficeria, di pietre dure, di monete, di macchinari. E dal quale, tramite una scala segreta, poteva uscire dal palazzo senza essere visto.

Lo schivo e taciturno Francesco de’ Medici aveva, però, un’altra travolgente passione, che doveva renderlo ancora più odiato dai Fiorentini: quella per una bella gentildonna ed avventuriera Veneziana: Bianca Cappello. Costei, innamoratasi di un modesto rappresentante a Venezia del banco dei pegni dei fiorentini Salviati, aveva abbandonato la città lagunare per sfuggire alla sua famiglia che si opponeva violentemente a tale matrimonio. I due si rifugiarono a Firenze dove Bianca dette alla luce una figlia, cui dette il nome di Pellegrina.

Non si sa esattamente come e quando. Fatto sta che Francesco se ne innamorò perdutamente. Una relazione che destò scandalo in tutta la città. Anche perchè il Medici aveva nel frattempo contratto matrimonio con Giovanna d’Austria, sorella dell’imperatore Massimiliano II d’Asburgo. La quale, però, non era davvero una gran bellezza e per giunta nemmeno dotata di un buon carattere. Eppure, nonostante l’insofferenza nei confronti della vita di corte fiorentina, per lei così provinciale, Giovanna sopportò con grande dignità e compostezza la relazione extraconiugale di suo marito, cui diede anche un figlio maschio, Filippo, che morì in tenerissima età.

Chi ebbe dei vantaggi della tresca fra Francesco I e la bionda Bianca, fu invece il marito di lei, che ne ricavò denaro, benefici e addirittura uno splendido palazzo, tanto da venire battezzato dai Fiorentini con l’allusivo soprannome di “Cornidoro”. Ma, dedito ormai al gioco d’azzardo e ad ogni sorta di vizio, dovette ad un certo punto esagerare con le sue richieste. Tanto che, una notte, nei pressi del ponte di Santa Trinita, morì pugnalato da alcuni sicari, mentre l’amante che lo consolava delle sue disavventure coniugali, Cassandra de’ Ricci, venne assassinata nel suo letto da alcuni uomini mascherati.

Bianca era consapevole del fatto che, se avesse dato a Francesco quel figlio maschio che Giovanna d’Austria non riusciva a donargli, avrebbe potuto raggiungere una posizione ben più importante nella vita della corte granducale e nel cuore del suo principesco amante. Riuscì così, comprandolo, a sottrarre il neonato ad una certa Lucia che aveva appena partorito. Alla madre fu fatto credere che il figlio era morto appena nato e che il suo latte poteva essere utilmente impiegato per un neonato di casa Medici. Incredibilmente, per un certo lasso di tempo, il trucco riuscì, anche per la complicità del medico di corte. Francesco stesso si sentì un padre felice tanto da imporre al bambino il nome di Antonio, in onore del santo cui attribuiva la grazia ricevuta. Ma poi, la verità venne a galla. Ciò nonostante, Francesco, mantenne immutati il nome e l’affetto nei confronti del piccolo.

Nel 1578, per i postumi di una caduta nella chiesa della Santissima Annunziata, moriva Giovanna d’Austria. Aveva solo 31 anni ed era già alla settima gravidanza. Le sue ultime parole furono di affetto nei confronti del marito. Il quale, tuttavia, dopo soli tre mesi, sposò in segreto Bianca che divenne così granduchessa di Toscana. Ciò accrebbe ancora l’odio dei componenti della famiglia de’ Medici e del popolo di Firenze nei confronti della bionda veneziana che veniva ritenuta una donna di facili costumi.

Eppure fra i due vi fu probabilmente un affetto sincero. Francesco, ormai insofferente nei confronti della corte di Firenze, fece costruire dal Buontalenti, nella vicina Pratolino, una villa sontuosa con un giardino meraviglioso. Qui, e nell’altra dimora di Poggio a Caiano, il granduca si ritirava assieme a Bianca che non riusciva a dargli il figlio tanto desiderato e la cui bellezza, a soli quarant’anni, era definitivamente scomparsa a causa delle deformità causate dall’idropisia. Lo stesso fisico di Francesco era ormai segnato dai veleni che manipolava nelle sue ricerche alchimistiche e dalle sue stranezze alimentari.

L’8 ottobre 1582, dopo una giornata passata a cacciare, venne colto da una forte febbre. Morì dopo pochi giorni. Nel frattempo, anche Bianca cominciò a presentare gli stessi sintomi. Quando Francesco spirò, nessuno osò comunicare il fatto alla sua consorte, la quale tuttavia capì ugualmente e pare sussurrasse: “Desidero morire assieme al mio signore”. Ciò che infatti accadde a sole undici ore di distanza. Ci fu chi disse che Bianca avesse preparato una torta avvelenata per suo cognato, il cardinale Ferdinando, ma che fosse stata poi mangiata per un errore da Francesco e, successivamente, da lei in preda alla disperazione.

Fu l’epilogo di un storia d’amore che aveva creato grande scandalo e che doveva essere messa a tacere. I componenti della famiglia dei Medici, che non avevano mai nascosto la loro avversione per Bianca Cappello, non persero tempo. I funerali di Francesco furono quanto di più solenne e spettacolare fosse stato concepire. Il cadavere della povera Bianca venne seppellito, invece, di notte in una fossa comune e se ne persero le tracce. La stupenda villa di Pratolino, il nido d’amore dei due, venne lasciata in abbandono, tanto che l’edificio dovette essere demolito. Tutti i ritratti di Bianca vennero distrutti così come gli oggetti che le erano appartenuti, gli stemmi cancellati. Nulla, nemmeno la memoria, doveva sopravvivere della bella veneziana che aveva conquistato il cuore di Francesco de’ Medici. Solo rarissime immagini scamparono a tanta furia annientatrice. Eppure, nonostante tanto accanimento, la figura di Bianca Cappello è rimasta una delle più celebri della famiglia dei Medici.

Le vicende del parco rendono ormai difficile una lettura unitaria, tanto che l’insieme appare quasi disordinato e capriccioso. Ma anche questo contribuisce al fascino estremo del giardino, all’incanto di un luogo che sollecita più che mai la curiosità di chi si trova a percorrere i magnifici vialetti alberati, fra edifici coperti dalla macchia, statue di stampo classico, splendide fonti ormai inaridite e presenze architettoniche delle quali sfugge, a prima vista, il senso. Il grande fascino, struggentemente romantico, del parco di Villa Demidoff risiede anche in questo.

Meglio allora gettare via le guide e lasciarsi andare, smarrirsi nei sentieri che percorrono le selve ed i prati. Fra grotte, fontane, resti di piscine e di voliere, fra viali lunghissimi che vedevano l’arcobaleno attraversare gli zampilli d’acqua, cappelle cinquecentesche, eroi greci e mille altre apparizioni stupefacenti. Per giungere alla fine dinnanzi alla grande statua dell’Appennino, rappresentata mentre con la mano sinistra preme la testa di un mostro, quasi per soffocarlo nel laghetto sottostante. È lui, da sempre, l’autentico custode del grande giardino e dei suoi mille segreti.


Chiavi: , , ,

Commenti (1) | January 29, 2010

One Response to “I segreti di Villa Demidoff”

  1. Yogultz Naostacchio Says:
    August 5th, 2017 at 15:29

    MA QUAL BUONA LETTURA!
    Attraverso le sue magnifiche orazioni, oserei dire versi, prosa che si trasforma in poesia, siamo riusiti a percepire la misticità del luogo, culla di una coinvolgente e travolgente storia d’amore.
    Pecche d’amore! E’ l’amore il fulcro della misterosa e al contempo sinistra storia di Villa Demidoff.
    Yogultz Naostacchio

##tt_tree_title##

Other Tourist Useful Links