Pisa a tavola


Pisa a tavolaCome si mangia a Pisa: bene o male? Fatalmente la qualità di una cucina municipale e provinciale, oggi, si misura nei ristoranti, nelle trattorie. E allora, con estrema franchezza, diremo che a Pisa e nel Pisano si mangia meno bene che a Lucca e nella Lucchesia, ma di sicuro meglio, molto meglio, che nella vicina Livorno. Questo non dipende tanto dai locali e dai loro proprietari, dagli chef, dagli osti, quanto dai consumatori. Pisani e lucchesi sono rimasti legati alle loro tradizioni, amano ancora i piatti umili dei loro nonni, magari corretti e resi meno pesanti, arricchiti da qualche optional. I livornesi no: scialoni come sono (e perciò poco toscani), quando allungano le gambe sotto i tavoli dei ristoranti, si vendicano della passata miseria ordinando pesci pregiati e aragoste, mazzancolle, scamponi, astici, niente baccalà, niente carciofi ritti.

A Pisa, invece, è ancora possibile gustare le pietanze elaborate con i produtti del suo territorio. E se il turismo di massa e la grande popolazione studentesca abbassano il levello medio della ristorazione, è pur vero che la cultura e la cività non sono acqua e i loro frutti il riscontriamo in qualche locale dove la buona cucina si trasforma in gastronomia raffinata. Nemica giurata di Firenze. Pisa non ne ha assorbito usi e costumi, almeno in cucina, nei lunghi secoli di umiliante dominazione medicea e granducale. Il confine gastronomico tra Firenze e Pisa, andando in auto da Empoli verso Pontedera, lo scopriamo allorchè le trattorie paesane non ci propongono più la pappa al pomodoro, la ribollita e la pasta e fagioli. Lo stacco è netto.

Si lascia un mondo per entrare in un altro. La ribollita e la zuppa di pane pisana sono l’espressione di due mentalità diverse: capziosa quella fiorentina, diretta quella pisana. Pisa, a differenza di Lucca, non ha il contributo della montagna, e si sente: in compenso può vantare i tartufi di San Miniato, il centro che fino a ieri l’altro dipendeva da Firenze. E questo soddisfa lo spirito di rivincita che nei pisani autentici non ha mai cessato di vibrare.

Testi gentilmente forniti da “Il Tirreno

Commenti (0) | January 28, 2010

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