Veronica Cybo: fra delitti e fantasmi


Un atroce delitto, una donna passionale ed un fantasma: la vicenda di Veronica Cybo fra Firenze e Figline Valdarno.

Davvero un personaggio enigmatico, quello di Veronica. Rampolla di una delle più famose e potenti famiglie della Toscana nord-occidentale quella dei Cybo-Malaspina di Massa: un nome che faceva venire i brividi a chi lo udiva e rimandava immediatamente agli innumerevoli castelli della Lunigiana, imprendibili e minacciosi. Ed ai loro signori, potenti, arroganti e ben volentieri crudeli e sanguinari che controllavano gelosamente l’accesso alla via Francigena, e con esso gran parte dei traffici fra il Nord Italia ed il resto della penisola.

E lei, Veronica, altezzosa e superba come ben si conveniva d’altronde alla figlia di un duca e rampolla di cotanta famiglia, come poteva altrimenti reagire alla scoperta della tresca amorosa del suo consorte con una giovane ed avvenente rivale?

In tale frangente, molte altre donne dell’epoca (siamo nel Seicento) avrebbero lasciato correre, facendo finta di niente. Si sarebbero magari procurate a loro volta un amante. In un certo senso, ciò faceva quasi parte del gioco, in un mondo dove tanti matrimoni erano combinati e l’amore fra i coniugi non era reputato una componente così necessaria del rapporto di coppia. L’interesse delle relative famiglie era stato sicuramente all’origine anche delle nozze di Veronica con Jacopo Salviati, nobile e piacente giovane di un nobilissimo casato di Firenze molto vicino ai Medici e consigliere del Granduca di Toscana Ferdinando II e che possedeva uno splendido palazzo in via del Corso che ancor oggi, seppur trasformato, porta ancora il suo nome.

Un uomo che aveva tuttavia un debole per le donne. E che non dovette faticare oltre misura, forte dei suoi modi affabili e del suo innegabile fascino, per far breccia nel cuore della bionda e appena ventitreenne Caterina Brogi, figlia di un tintore casentinese e andata in sposa ad un vecchio e ricco settantenne fiorentino, e per giunta, a quanto si affermava, oltre misura brutto e maleodorante.

In una società dove amore e matrimonio non dovevano necessariamente convivere, molte altre donne, come abbiamo detto, avrebbero reagito senza particolari drammi alla notizia del tradimento. Ma lei, Veronica, una duchessa, una Cybo-Malaspina, non poteva tollerare quella che dovette percepire come un’offesa al suo smisurato orgoglio. Pur se, raccontano i cronisti, essa non fosse affatto dotata di bell’aspetto e risultasse assai aspra anche nel carattere; e per giunta fosse assai restia a concedere le sue grazie al giovane e focoso marito.

Il primo segnale venne lanciato all’interno della chiesa di San Pier Maggiore, della quale oggi non restano che poche tracce. Veronica si accostò alla sua giovane rivale e le sussurrò qualche frase all’orecchio che nessuno poté udire ma che fu sufficiente per far arrossire e sconvolgere la piacente giovane. Il Salviati, immediatamente informato della cosa, e temendo qualche gesto avventato da parte della propria consorte, mise due suoi fidati amici a guardia della casa dell’amata Caterina. Ma aveva sottovalutato la determinazione e l’abilità della diabolica moglie. La quale aveva già fatto venire due sicari pagati a peso d’oro dalla natia Massa e si era accordata con i figliastri della rivale, ben lieti di sbarazzarsi dell’odiata matrigna. I quattro agirono la sera del Capodanno del 1634 ed ebbero facile gioco nello sbarazzarsi degli intrepidi amici del Salviati che per salvarsi la vita non trovarono di meglio che rifugiarsi precipitosamente in una vicina casa dove esercitavano il loro mestiere alcune fra le più famose prostitute di Firenze, assistendo agli eventi dalla finestra.

Con la complicità dei figliastri, i sicari entrarono nella casa e fecero letteralmente a pezzi Caterina e la sua giovane cameriera. I brandelli di carne vennero sparpagliati per la città, in parte finirono nelle fognature e in un pozzo. Soltanto la testa della bellissima amante di Jacopo venne conservata. Il giorno successivo, com’era usanza al tempo, una domestica di Veronica consegnò a suo marito il tradizionale e beneaugurante regalo che le mogli donavano al marito il primo giorno dell’anno nuovo: un cesto contenente una camicia ricamata. Possiamo ben immaginare l’espressione inorridita del Salviati nello scoprire, sotto il candido indumento, la testa recisa dell’amante.

Non sappiamo esattamente quale fu il suo atteggiamento nei confronti della sanguinaria moglie. Apprendiamo dalle cronache, tuttavia, che i figliastri della vittima, per interessamento diretto del Granduca, vennero immediatamente arrestati ed interrogati sotto tortura ed il maggiore di essi, Bartolomeo, venne giustiziato. Veronica, figlia di un duca, venne invece esiliata nella sua villa di San Cerbone, che ancor oggi domina le vicine mura trecentesche e le torri di Figline Valdarno; un bell’edificio che è diventato nel tempo la sede dell’Ospedale Serristori.

Una lapide murata nell’atrio che conduce all’elegante chiostro quattrocentesco, ricorda l’evento. Pare che in seguito il marito si riapracificasse e tornasse a convivere con la gelosa moglie. E forse la ritrosa Veronica ebbe nel suo esilio figlinese tempo e modo di riflettere sulle sue vicende. Tanto che, nonostante il sangue così crudelmente versato della sua rivale, divenne incredibilmente celebre anche per la sua fervida religiosità. Al punto che, dopo la sua morte avvenuta all’età di 86 anni, la sua tomba ubicata nel Duomo di Massa, divenne frequentato luogo di preghiera, come si conviene ad un personaggio di santa vita.

Strana e contraddittoria la storia di Veronica Cybo, specchio fedele dei contrasti del suo tempo. Ma che non ha mai smesso di meravigliarci e di farsi presente. Molte persone, anche negli ultimi anni, testimoniano della sua presenza nella villa di San Cerbone che vide la nobildonna meditare e forse convertirsi nel profondo dell’anima. Una presenza che però non inquieta e che parla volentieri con persone ignare che si trovano all’interno dell’ospedale. Capita così, si narra, che uno strano personaggio “con un camicione lungo fino ai piedi” rassicuri un padre della riuscita dell’operazione di suo figlio, o che tiri per la giacca un medico. Oppure, più semplicemente, può accadere che si percepisca chiaramente una strana presenza, magari una folata di vento improvvisa, qualche rumore, un profumo inconsueto. Ma chi l’ha vista o ha avuto occasione di parlarle (e sono parecchi), afferma sempre che si tratta di un’entità assolutamente benevola, tanto che è diventata quasi di casa all’interno del complesso ospedaliero. E talvolta addirittura bonaria e spiritosa, come quando lasciò le impronte delle sue scarpette sui muri appena imbiancati di una stanza chiusa a chiave dall’imbianchino. Sono solo fantasie? Forse. Ma noi preferiamo pensare ad una Veronica che, pentita dei suoi errori, ancor oggi si aggira fra le mura secolari della sua villa di campagna e, finalmente in pace, dalla sua invisibilità ci rivolge il suo sorriso.


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Commenti (0) | January 29, 2010

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